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Il re Serse invade la Grecia: inizia la seconda guerra persiana

In Grecia, gli inizi del V secolo a.C. sono caratterizzati dagli scontri con l’impero persiano che dopo la disfatta nel 490 a.C. forti di un esercito numeroso ed organizzato iniziarono una nuova campagna militare sotto la guida del Gran Re Serse: inizia la seconda guerra persiana.

 

I preparativi di una nuova campagna militare persiana

Subito dopo la sconfitta rimediata da Dati ed Artaferne, nei pressi di Maratona per mano di Milziade, Dario I decise di non darsi per vinto organizzando un’ennesima spedizione per punire i greci, dapprima per l’aiuto fornito agli ioni nella rivolta del V secolo a.C. che porta il loro nome, quindi per aver rifiutato la sovranità persiana subito dopo.

Tuttavia, nonostante i rinnovati propositi di invasione, Dario I dovette fronteggiare diverse rivolte nel cuore dell’impero persiano e in Egitto sospendendo così i preparativi per la campagna greca. Quest’ultima idea fu propugnata dal nuovo sovrano persiano: Serse, salito al potere un anno dopo la morte del padre Dario I che si spense nel 486 a.C.

La salita al potere di Serse non incontrò ostacoli grazie alla grande autorità di Atossa, dal momento che la sua decisione, che voleva il figlio come re di Persia, non era contestata da nessuno a corte o in famiglia. L’ascesa però non coincise con la fine delle ribellioni nell’impero persiano, pertanto egli ebbe l’obbligo di sedare definitivamente i focolai per poi preparare con dovizia la spedizione in Grecia, che sarebbe passata alla storia come la seconda guerra persiana.

In pochi anni riuscì nel suo intento riprendendo i preparativi per la campagna greca in Asia Minore già nel 481 a.C. Sappiamo tutti, favoleggiando o meno chi combatté i persiani alle Termopili. Ma non sappiamo nulla dell’invasore, quindi chi furono i persiani, anzi quali furono le popolazioni che per semplicità vengono agglomerate in una (quella “persiana”)?

Il sovrano achemenide partito dalla capitale Susa percorse nella sua interezza la Via Reale – un’antica strada lunga 2699 km fatta costruire da Dario I nel V secolo a.C. per consentire rapide comunicazioni attraverso il vasto impero da Susa a Sardi – reclutando di regione in regione gli effettivi per il suo esercito. Una volta giunto a Sardi svernò per poi procedere verso l’Europa attraverso lo stretto dei Dardanelli, accompagnato da un’imponente flotta.

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Il ponte costruito da Serse

Far attraversare un numero così ingente di truppe nel modo più funzionale non era semplice, così si pensò alla costruzione di due ponti (grazie a delle barche legate tra loro) che collegassero la Troade e la penisola di Sesto. Il primo tentativo fu vanificato da una tempesta: forse a causa di alcune negligenze, il ponte di barche fu distrutto dalla violenza del mare proprio quando i lavori erano ormai quasi giunti al termine. L’ira di Serse si abbatté allora con durezza sui responsabili della costruzione che furono condannati a morte e sul mare, che fu flagellato simbolicamente.

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Al seguito di Serse, un esercito multietnico s’apprestava a solcare i terreni della Tracia. Secondo Erodoto ben 4.700.000 anime tra combattenti (1.800.000 leve asiatiche e 300.000 traci) e non (2.600.000) parteciparono alla spedizione, sebbene questi straordinari numeri appaiono inverosimili. Infatti, secondo gli storici moderni l’armata di Serse contò numeri ben più modesti, ma comunque importanti per quel tempo che oscillano tra le 50.000 e le 200.000 unità di soli combattenti.

Stando ad Erodoto, una volta giunto a Dorisco (in Tracia), Serse passò in rassegna le sue truppe. Scopriamo così che quell’immensa armata rispondeva a 6 generali di corpo d’armata- Mardonio, protagonista della prima spedizione persiana in terra greca; Tritantecme e Masiste, parenti del gran Re; Smerdoneme, Megabizo e Gergi –  e 2 comandanti di cavalleria: i figli di Dati, Armamitra e Titeo. Insieme, con l’ausilio di 28 subalterni riuscirono a far coesistere popolazioni provenienti dall’Asia Centrale (ircani, persiani, medi, assiri, parti…), dall’Asia Minore (lici, frigi, cappadoci, paflagoni, cilici, armeni, misi…), dall’Africa (libi ed etiopi), dall’Europa (i traci) e dall’Asia più orientale (corasmi, indiani, battriani, ari, saci, uti …).

 

La convocazione della Lega Peloponnesiaca

A distanza di 10 anni dall’ultima guerra persiana, che raggiunse il suo apice nella celeberrima battaglia di Maratona, un nuovo numerosissimo esercito orientale tentava di impadronirsi dell’Ellade. Anche questa volta vi fu uno scontro che rimane nell’immaginario collettivo: la battaglia delle Termopili. Prima di raccontare l’accaduto è d’uopo capire le discussioni che hanno portato i greci a prendere una tale decisione.

Il raduno di ingenti forze a Sardi da parte di Serse non passò inosservato. I greci, avendo spie nei territori limitrofi alla Ionia, appresero il dovuto: tornava l’incubo persiano, contro il quale ci si doveva difendere a tutti i costi.

La scoperta di un nemico più agguerrito e coeso rispetto a quello affrontato 10 anni prima rese necessario la convocazione della Lega Peloponnesiaca, composta da: città dell’Arcadia (con a capo Tegea e Mantinea), Corinto, Sicione, Fliunte, Megara, città dell’Elide, Atene, Egina e Sparta in qualità di leader. Con i propositi di fronteggiare un nemico comune, si cercava di far convivere tutti gli aderenti alla Lega proponendo una tregua (i conflitti tra pòleis erano molto comuni), inviando richieste di alleanze contro i persiani anche agli Stati greci sparsi nel Mediterraneo non aderenti. La logica era chiara: soltanto una Grecia unita poteva fronteggiare un’invasione di quella portata.

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Dunque, fu convocata nel 481 a.C. a Corinto l’alleanza a scopo difensivo, che invitò i rappresentanti delle pòleis che non avevano ancora giurato fedeltà al nemico. La visione di una Grecia unita contro il nemico non si realizzò nella sua interezza perché in molti, per diverse ragioni, restarono neutrali all’evolversi del conflitto.

Infatti, tra tutte le richieste di aiuto inviate dagli emissari, molti Stati greci declinarono l’offerta, ora in maniera diretta come nel caso di Siracusa che si giustificò impegnata ad affrontare i cartaginesi oppure come le comunità tessale e beote che non parteciparono per paura del nemico; ora in maniera fumosa, con false promesse di aiuto come nel caso di Corcira, che avrebbe promesso di mandare una flotta di 60 triremi che non si unì mai alla flotta della Lega; ora ignorandola, come accadde con Creta. Non mancarono incredibili e provocatorie contro richieste, Argo infatti chiese una pace trentennale con Sparta, contro la quale nel 494 a.C. perse duramente a Sepeia, e il comando delle forze panelleniche.

 

La scelta del fronte da difendere

Subito dopo le convocazioni, a Corinto si discusse sul comando delle operazioni e poi sulle mosse da intraprendere, la decisione non fu semplice. In qualità di leader, a Sparta toccò senza grosse questioni il comando delle forze terrestri, mentre per le forze navali Atene, forte della sua nuova e numerosa flotta, provò a prenderne il comando senza riuscirvi, che toccò sempre a Sparta incaricando Euribiade come navarca (nonostante di fatto il comando della flotta ricadde sull’ateniese Temistocle).

Le settimane trascorrevano ed i persiani attraversavano grazie ad una magnifica opera d’ingegneria l’Ellesponto mentre la Lega non aveva ancora chiaro dove combattere l’invasore. I greci, con grande lungimiranza, s’accorsero che la guerra andava decisa su due fronti (navale e terrestre) e che grazie a manovre militari coordinate le chance di rimediare una vittoria sarebbero aumentate, quindi considerarono diversi luoghi che permettevano un’azione di questo genere.

Il passo di Tempe

Inizialmente i membri dell’alleanza difensiva si trovarono concordi a stabilire una testa difensiva a Corinto, il cui istmo vanificava la forte superiorità numerica persiana. Con il passare dei giorni però, a causa delle insistenze delle pòleis site oltre il Peloponneso, come Atene, si trovò un’altra soluzione. Pertanto la linea difensiva, che doveva rispettare requisiti simili a quelli di un istmo venne posta molto più a nord, si pensava infatti al passo di Tempe i cui lati erano protetti dal mare e dal monte Olimpo, che divideva la Tessaglia e dalla Macedonia. La decisione sembrava presa, quindi venne mandato via mare un esercito di 10.000 opliti agli ordini di Temistocle e del polemarco spartano Euaineto.

Amara fu la sorpresa delle forze elleniche una volta giunta in Tessaglia. Lì trovarono gran parte della popolazione ostile alle forze greche poiché spaventati da eventuali ritorsioni dell’armata persiana, alla quale si sottomisero anzitempo. I tessali avevano compiuto la loro scelta, porre la linea difensiva in quella regione sarebbe stato molto pericoloso. Urgeva una nuova decisione, e quanto prima giacché il nemico era entrato nel golfo di Terme, territorio del suo stato vassallo in terra greca: la Macedonia del re Alessandro.

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Le Termopili

Scartati l’istmo di Corinto e il passo di Tempe si decise di sfruttare la collocazione geografica dell’Eubea per abbattere la superiorità numerica della flotta del Gran Re; la parte sud, quindi il canale tra l’Eubea e l’Attica era favorevole, ma era facilmente aggirabile quindi si pensò alla parte più settentrionale della regione per incastrare la flotta nemica e per tenere la linea difensiva oltre la Grecia centrale: capo Artemisio. Adesso serviva un luogo possibilmente vicino a capo Artemisio, facilmente difendibile e molto simile ai due luoghi già considerati in precedenza, l’unico a disposizione era il valico delle Termopili. La seconda guerra persiana entrava nel vivo…

9 commenti su “Il re Serse invade la Grecia: inizia la seconda guerra persiana”

  1. Mi unisco ai commenti positivi meravigliandomi dei dettagli storici e non solo. Mi domando come siano stati trasmessi doviziosamente tanti particolari sulle popolazioni dell’epoca e sui si ti geografici. Incredibili meraviglie di racconti della storia giunte sino a noi dopo diversi secoli.

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