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La cavalleria greca

Nel mondo greco – con l’avanzare dei secoli e con il susseguirsi di diversi conflitti con il mondo persiano – all’apice della guerra del Peloponneso si integrò al vecchio modo di concepire la guerra uno nuovo, prevedendo l’impiego di nuove unità militari come la cavalleria.

 

Le origini della cavalleria in Grecia

Durante l’età arcaica quasi nessuna pòleis si dotò di contingenti di cavalleria per diversi motivi: primo fra tutti il costo, mantenere un cavallo era costoso e soltanto pochi potevano permettersi questo lusso; in secondo luogo i greci contavano solo sulla forza della fanteria pesante per dirimere dispute territoriali o estendere la propria egemonia.

L’impiego della sola falange, per i greci di allora, che riusciva a tener testa anche alle eterogenee formazioni persiane, come avvenuto nella battaglia di Maratona, era un vanto. Questa scelta probabilmente deriva da vecchi retaggi micenei, i quali ponevano rilievo sullo scontro armato tra fanterie, disprezzando chi preferiva il combattimento a distanza con fionde, giavellotti e frecce. Per quanto riguarda l’uso della cavalleria come oggi la intendiamo, quindi come una formazione di cavalieri armati sul dorso di cavalli sellati,  invece era completamente assente negli eserciti micenei, impiegando i cavalli esclusivamente per il traino dei carri da guerra allo scopo di accompagnare il proprio conducente sul campo di combattimento.

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A ciò è doveroso aggiungere come buon parte della Grecia continentale sia prevalentemente montuosa potendo contare su poche pianure, spesso motivo di conflitto come accadde in Eubea e in Messenia, dalle quali trarre maggiore ricchezza e sostentamento, infatti in questo senso non pare un caso che le uniche pòleis ad introdurre reparti di cavalleria fossero quelle beote e tessale.

 

La cavalleria tessala

La Tessaglia fu governata in epoca arcaico-classica dai Tessali che invasero, come i Dori invasero il Peloponneso, la regione a scapito delle popolazioni autoctone come i Perrebi, Magnesi ed Achei Ftii, imponendo un nuovo ordine sociale molto simile a quello spartano. I signori Tessali, che disponevano privilegi simili agli spartiati, poterono avvalersi dell’uso della cavalleria visto che la regione centrale della Tessaglia – con le sue ondulate pianure coltivate dai Penesti in condizione di servitù – aveva cavalli grandi e pregiati in abbondanza, ideali per la guerra. Per questo, la vita della popolazione ruotava naturalmente intorno all’allevamento dei cavalli e all’arte della cavalleria.

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Il cavaliere tessalo

Sino all’egemonia macedone in tutto il mondo ellenico non vi fu traccia di cavalleria pesante. Il cavaliere tessalo, che più di tutti vantava una storia secolare, era armato alla leggera:

  • spesso cavalcava grazie ad una sella in tessuto detta efìppion a torso nudo nel caso in cui non fosse stato coperto da una stretta tunica accompagnata da un mantello nero;
  • indossava un copricapo di pelle di mucca con lunghi copriorecchie oppure un petàsos, ovvero un cappello a falde larghe caratteristico di contadini e viaggiatori, in quanto pensato per fornire protezione sia contro il sole che contro la pioggia;
  • non era provvisto di uno scudo;
  • disponeva diversi giavellotti e una lunga lancia detta kàmax sfruttata per “punzecchiare” facendo tenere a distanza l’avversario di turno.

Appare chiaro quindi che i compiti di questa unità, in virtù all’equipaggiamento leggero posseduto, esulavano da azioni di sfondamento o di combattimenti corpo a corpo prolungati nel tempo favorendo però missioni di ricognizione, schermaglia ed inseguimento.

 

L’avvento della cavalleria nel resto della Grecia

Come anticipato nelle prime righe di questo articolo, durante la guerra del Peloponneso comparvero le prime operazioni militari svolte dalla cavalleria sia da parte degli ateniesi sia dagli spartani. L’inserimento di queste nuove unità, insieme all’impiego di fanteria leggera come i peltasti fu dipeso dalla forte carenza di effettivi da parte delle due contendenti determinate ad avere la meglio sull’altra in un logorante braccio di ferro durato dal 431 al 404 a.C.

Così, verso la fine del V secolo a.C., solamente Sparta ed Atene (insieme a Corinto) poterono sopportare le spese per dotarsi di reparti di cavalleria seppur limitati, mentre per le altre pòleis si dovrà attendere almeno un altro secolo. Per dovere di cronaca ad inizio del V secolo a.C. durante gli scontri con i persiani, Atene disponeva già un piccolo contingente di cavalleria: 300 cavalieri che furono poi portati a 1.000 nel 442 a.C. – grazie a sovvenzioni statali che permettevano l’acquisto di foraggio per l’animale oltre ad una “revisione” per lo stato di salute dello stesso detta dokimasìa – equamente forniti da ogni tribù ateniese (per un totale di 100 cavalieri per le 10 tribù di Atene).

 

Il cavaliere ateniese

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L’equipaggiamento del cavaliere ateniese è molto simile a quello tessale poiché da quanto s’apprende dalle raffigurazioni sia il cavaliere tessalo che quello ateniese brandiscono la kàmax utilizzando giavellotti in caso di schermaglie, indossano il petàsos e si coprono con uno stretto chitone accompagnato talvolta da un mantello. Sembrerebbe che l’attrezzatura ateniese abbia in più una màchaira (una spada di media lunghezza simile ad una sciabola) per i combattimenti corpo a corpo ed una leggera corazza anatomica, più comoda di quella oplitica, e degli stivaletti.

Ogni 100 cavalieri, che costituivano una philè, vi era un comandate detto filarca, mentre l’intero contingente era subordinato da 2 ipparchi che eletti annualmente avevano il compito di guidare le due ali dell’esercito, comandando direttamente 5 philài ciascuno. Inoltre ogni philài, intorno al IV secolo a.C., disponeva di 5 pròdromoi (per un totale di 50 considerando le due ipparchie) ovvero di cavalieri dediti esclusivamente alle attività di ricognizione.

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