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L’ascesa della Macedonia parte 2: Le prime mosse di Filippo II

Dopo aver esposto i problemi endemici della Macedonia, che è possibile leggere in questo articolo, ripercorrendone la storia da Perdicca I ad Archelao I, si giunge ad un periodo di svolta per la dinastia temenide: l’ascesa al trono di Filippo II.

 

Un momento critico

Nel 360 a.C. gli Illiri guidati da Bardylis fecero l’ennesima incursione per assoggettare il territorio della Lincestide in Bassa Macedonia. Il re di quel tempo, Perdicca III, radunò l’esercito e si diresse per scacciare l’invasore, qui compì un fatale errore; dopo aver battuto gli illiri si affannò ad inseguirli nel loro territorio trovando però un’amara sorpresa: forti di un numero maggiore e della conoscenza del proprio territorio, gli illiri, attaccarono e quasi annientarono l’esercito macedone che lasciò esanime sul campo lo stesso Perdicca III. Ecco l’ennesimo vuoto di potere che si venne a creare nella secolare storia del regno macedone.

 

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Situazione politica all’epoca di Filippo II

 

Appreso a Pella l’avvenimento, il consiglio scelse in via eccezionale di affidare le redini in qualità di reggente (?) all’allora governatore della Migdonia Filippo II, poiché il gravoso impegno sarebbe spettato al giovanissimo figlio di Perdicca III, Aminta IV, nonché nipote dello stesso Filippo II. La situazione era di assoluta urgenza, i nemici erano ovunque e la Macedonia rischiava la frammentazione, ecco i nemici che dovette contenere il nuovo re:

  • gli Illiri rinvigoriti dalla grandiosa vittoria sui macedoni ritornarono in Lincestide;
  • i Peoni, a nord, guidati dal re Agide, pregustando facile bottino iniziarono a spingere verso la Bassa Macedonia;
  • i Traci guidati dal principe Berisade, a est, non nascosero il proprio apprezzamento per le terre di Migdonia, erano pronti all’invasione di un regno instabile;
  • un fratellastro del nuovo re, Archelao, sosteneva di essere il figlio maggiore di Aminta III inserendosi pertanto alla lotta per la corona ottenendo l’appoggio dei calcidesi;
  • gli Ateniesi, dopo aver conquistato Metone e Pidna, poterono organizzare una spedizione per mettere sul trono temenide Argeo, spodestato da Aminta III. Per questo scopo fu inviato il generale ateniese Mantia con 3000 opliti ed una flotta;
  • Argeo ed Archelao non furono gli unici a mirare al trono, anche un certo Pausania, contando sull’aiuto dei Traci si candidava come nuovo regnante.

 

Un accorto utilizzo della diplomazia

Troppe minacce da affrontare senza più un esercito valido, pertanto Filippo II ricorse alla diplomazia dalla quale ottenne importanti risultati. Pagò tributi a Peoni e Traci facendo leva sulla loro brama di ricchezza e sposò la figlia del re degli Illiri pagando, anch’egli, inaugurando un nuovo periodo di pace, temporaneo ma sufficiente per uscire dall’intricato momento. Dopo aver ottenuto la pace con i Traci e anche l’amicizia di Berisade, questi fece eliminare il pretendente Pausania. Anche Archelao fu eliminato in circostanze che non ci sono note.

L’ultimo ostacolo da superare fu quello di Argeo. Egli, forte di un accordo con Atene che prevedeva la restituzione di Anfipoli dopo la sua ascesa al potere, contava di ricevere supporto militare per appropriarsi della capitale macedone. Atene fu molto interessata, per motivi economico-strategici, a riprendere il possesso della sua colonia dopo averla persa per mano di Perdicca III. In questo frangente, il nuovo regnante temenide fu abbastanza scaltro poiché decise spontaneamente di far ritirare la guarnigione di stanza ad Anfipoli consegnandola de facto ad Atene, sortendo l’effetto desiderato: il generale Mantia accolse di buon grado l’iniziativa di Filippo II rifiutando di fornire il supporto militare ad Argeo.

Così, il pretendente si trovò isolato con pochi mercenari al soldo e decise di giocarsi la carta finale. Si recò con il suo seguito a Ege, antica capitale nonché città sacra per i macedoni, sperando che gli si concedesse un riconoscimento da re, che avrebbe legittimato la sua pretesa e spaccato il regno dall’interno. Le speranze però furono vane poiché Ege rifiutò di sostenere Argeo, che dovette tornare a Metone.

A sorpresa Filippo II ed il suo esercito sbucò per la strada di ritorno intrapresa dall’unico pretendente rimasto. Lo scontro si risolse facilmente a favore del figlio di Aminta III che uccise sul posto Argeo ponendo fine alle controversie militari sulla sua legittimità. Il resto dei mercenari ateniesi sopravvissuti allo scontro furono consegnati all’esercito ateniese spontaneamente. Questa scelta e la consegna di Anfipoli furono necessarie per mantenere almeno la neutralità di Atene nei confronti di una ancora debole Macedonia che non avrebbe resistito ad una decisa invasione.

Nel 358 a.C. si pervenne ad un trattato di pace con la potenza attica. In un solo anno Filippo riuscì brillantemente a far rientrare la crisi potendo altresì concentrare i propri sforzi nel miglioramento dell’esercito, che darà luce alla falange macedone, e al riempimento delle vuote casse statali. Le basi per impressionanti conquiste in un futuro prossimo furono poste.

 

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