Il Peloponneso, dai micenei fino all’occupazione romana, fu teatro di conflitti tra diverse potenze per le più svariate ragioni. In questo articolo si farà luce sulle 3 guerre messeniche che hanno visto come protagonisti gli spartani ed i messeni.
Luogo dello svolgimento degli scenari
Entrambe le popolazioni insediate nel Peloponneso occuparono grosso modo la parte sud della penisola, ma in differenti regioni. Gli spartani popolarono la cosiddetta Laconia, regione aspra e montuosa, che confinava a nord-est con l’Argolide, a nord con l’Arcadia, a ovest con la Messenia e con il Mar Egeo a sud e a est. I messeni, invece, popolarono la vicina e pianeggiante Messenia che a nord confinava con l’Elide, nord-est con l’Arcadia, a est con la Laconia e con il Mar Ionio a ovest e a sud.
Il casus belli che scatenò lo scontro fu il possesso delle vaste pianure fertili ( identico casus belli visto qui) della Messenia poiché la volontà dello stato lacedemone fu quella di estendere lo spettro di lotti da mettere a disposizione degli spartiati (le élite locali).
Prima guerra messenica (seconda metà dell’VIII secolo a.C.)
La prima delle 3 guerre messeniche iniziò nel 736 a. C. e fu condotta dal re Euripontide Teopompo, il quale dopo aver aggirato la catena del Taigeto con l’esercito al suo seguito, invase la Messenia ottenendo delle vittorie su battaglie campali non decisive che però sfiancarono in numero e in forze le due compagini peloponnesiache.
Dopo il primo lustro trascorso tra battaglie campali e scaramucce, le forze messeniche si rifugiarono nella fortezza montana di Itome, che resistette per diversi anni all’assedio lacedemone a causa del carente livello di poliorcetica dell’VIII secolo a.C. e dei vari dissensi che serpeggiavano a Sparta in seguito all’immobilità dell’assedio.
Tra diversi avvicendamenti, tra cui una sortita inconcludente poco fuori la rocca di Itome e la morte del re di Messenia, si arrivò all’ascesa al potere di Aristodemo come re tramite elezione. Quest’ultimo decise, dopo altri 5 anni di schermaglie, di attaccare battaglia con un’ultima e decisiva battaglia campale nel 724 a. C. dalla quale Aristodemo uscì clamorosamente vincitore.
Tuttavia, la morsa spartana sulla pianeggiante regione non si fece meno forte lasciando il conflitto ad uno status quo logorante e quasi immutato rispetto a quello di una decade prima, fino a quando un colpo di scena cambiò le sorti del conflitto: il suicidio di Aristodemo, il quale era fermamente convinto in seguito ad uno sciagurato vaticinio, che le sorti dello scontro non sarebbero mai mutate a favore dei messeni.
Così, dopo la dipartita del carismatico e valoroso Aristodemo, i messeni si persero d’animo ed iniziarono a cedere terreno alle forze lacedemoni che riusciranno ad occupare con successo la Messenia nel giro di un ventennio (verso la fine del quale si inserisce la spedizione di Falanto per la fondazione di Taranto) , sancendo la fine della prima guerra messenica intorno al 704 a. C.
Seconda guerra messenica (prima metà del VII secolo a.C.)
La seconda, delle 3 guerre messeniche, fu precisamente una rivolta molto feroce nata nel 685 a. C. capeggiata da un altro carismatico leader messenico: Aristomene.
Dopo il primo anno di conflitto, trascorso tra schermaglie e la battaglia campale inconcludente di Dera, Aristomene e la sua milizia inflisse una cocente e disonorante sconfitta all’esercito spartano presso il “carro dell’orso”. Un paio di anni dopo, però i lacedemoni si rifecero brillantemente, sfruttando la defezione del re arcadico alleato dei messeni durante una battaglia campale nella località chiamata “grande fosso”, che generò profonde crepe nello schieramento messenico causandone la distruzione.
I superstiti, convinti da Aristomene, resistettero per 11 lunghi anni rifugiati tra aspre montagne fino a quando le autorità spartane non sedarono completamente i focolai dell’intera Messenia.
La rivolta fu punita dagli occupanti in modo durissimo: gli abitanti di etnia messenica furono ridotti alla condizione di iloti, per certi versi una condizione che prevedeva una vita più severe di quella dello schiavo medio nel mondo ellenico.
Terza guerra messenica (metà V secolo a.C.)
L’ultima delle 3 guerre messeniche fu combattuta due secoli dopo la seconda. Gli iloti nonostante fossero di gran lunga superiori in numero rispetto ai loro signori, furono soggetti ad un continuo terrore psicologico (attraverso i modi più svariati, tra cui la Krypteia) che bloccarono ogni spirito di ribellione. Inoltre è indubbia la superiorità tattica, militare e logistica nonché la capacità di poter contare su alleati peloponnesiaci che rendeva pressoché impossibile una nuova rivolta, obiettivo caro ad ogni governo lacedemone che si è succeduto nel corso dei secoli.
Nel 464 a. C. la Laconia fu colpita da tremendo terremoto che abbatté numerose strutture e che mieté circa 20.000 vittime, soprattutto, se consideriamo in percentuale, tra gli spartiati (se messi in proporzione agli altri strati della popolazione come gli iloti e i perieci, che numericamente subirono più perdite) i quali costituivano il braccio armato del governo spartano.
Il cataclisma generò una confusione collettiva nei territori sotto il diretto dominio spartano, che permise a gruppi di iloti sparsi tra Laconia e Messenia di sollevarsi con l’obiettivo di unirsi e schiacciare gli spartiati superstiti per liberarsi dal loro giogo.
Come afferma Plutarco, gli spartani dovettero affrontare il tempestivo attacco degli iloti, benché armati malamente, con grande abilità e riuscirono nell’impresa grazie al re Archidamo II, al contempo nella piana di Steniclaro 300 “uguali” furono annientanti dopo una lunga e sanguinosa lotta contro gli iloti.
Dopo un lungo guerreggiare, le esigue ma valorose e disciplinate forze spartane si imposero sui gruppi armati iloti, che furono costretti ad ammettere la superiorità dell’avversario nonostante la situazione critica che dovettero gestire. Anche in questa guerra messenica i messeni si rifugiarono alla rocca di Itome, che subito fu cinta d’assedio.
Le forze, oramai tra catastrofi naturali e battaglie, erano fin troppo esigue per espugnare la fortezza di Itome, così la gherusìa spartana fu costretta a ricorrere alla diplomazia per rimpolpare le fila: si inviò un’ambasciata ad Atene, aderente alla lega panellenica come Sparta, allo scopo di ottenere un contingente di supporto.
Atene accettò la richiesta dell’ambasciata con l’invio di 4000 opliti agli ordini di Cimone, così ateniesi e spartani lottarono fianco a fianco contro i messeni per Itome. Contrariamente a quanto si aspettavano i lacedemoni, gli ateniesi portarono l’assedio per le lunghe dando l’impressione di essere, non solo inconcludenti ma simpatizzanti dei difensori da quanto si diceva. Dunque, constatando su quanto non fatto in quasi un anno di assedio, spazientiti, gli spartani licenziarono l’esercito ateniese il cui governo considerò tale gesto un affronto, decidendo così di uscire dalla lega panellenica e di allearsi con la rivale di Sparta: Argo.
L’assedio proseguì per le lunghe fino a quando nel 459 a. C. si risolse diplomaticamente: gli iloti vennero esiliati in cambio della vita, i quali furono accolti da Atene. Così si concluse l’ultima delle 3 guerre messeniche.
Conseguenze delle 3 guerre messeniche
Alla luce di quanto letto ecco le principali conseguenze delle guerre messeniche:
- Favorirono l’ascesa economico-militare di Sparta, che integrò una nuova classe sociale (gli iloti) dedita esclusivamente al mantenimento economico dello stato dopo l’annessione delle vaste pianure della Messenia.
- Nacquero i primi attriti tra Sparta e Atene che portarono in futuro alla celeberrima guerra del Peloponneso riportata dallo storico greco Tucidide.
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